Crazy, stupid, love.

È una di quelle commedie romantiche che si usava fare un buon mezzo secolo fa, mi ha fatto pensare, chessò, a L'erba del vicino è sempre più verde. E questo lo intendo come complimento. Tutti si vogliono bene, o almeno non si odiano, e anche se a un certo punto c'è una scazzottata che coinvolge tutti i protagonisti maschili (le donne, come si usava un tempo, per l'occasione restano sullo sfondo manifestando la loro preoccupazione con qualche gridolino), è più che altro una sorta di gigantesco equivoco. C'è molto sesso, ma tutto fuori scena. Ci sono dei nudi, ma sono fuori quadro, o impallati. A me va benissimo così, non sono dettagli essenziali, e a tagliarli non si perde nulla.

La sceneggiatura di Dan Fogelman (quello di Cars e Rapunzel) è complicata, ma fila via liscia come l'olio, alternando commedia e momenti più drammatici, anche se a volte tocca tasti un po' consunti dall'uso, rischio comune dei film di genere, d'altronde.

La regia è di Glenn Ficarra e John Requa, a loro volta sceneggiatori di Babbo Bastardo, che riescono a tenere nei giusti limiti la sceneggiatura e l'incredibile cast che sono riusciti a coinvolgere.

La scena iniziale dà bene il tono del film. Sera, ristorante di buon livello, la macchina da presa dopo aver vagabondato per la sala, giunge su una coppia (Julianne Moore e Steve Carell). Prima ancora che parlino sappiamo che c'è qualcosa che non va, solo lui sembra esserne all'oscuro. Chiede a lei cosa vuole per dessert, lei nicchia un po' e poi sbotta: "Voglio il divorzio". Potrebbe essere un inizio tragico e invece, inesplicabilmente (o meglio, si spiega facendo attenzione a come la scena è stata costruita) fa ridere.

Passiamo poi a seguire un seduttore da bar (Ryan Gosling) che cerca di agganciare una tipetta affascinante (Emma Stone) che però non è interessata all'articolo, nonostante le incitazioni dell'amica, che la sostituirebbe volentieri.

Torniamo sulla coppia in via di dissoluzione, che fa mesto ritorno a casa, dove il loro figlio tredicenne cerca di corteggiare la baby-sitter diciassettenne (Analeigh Tipton) che non ne vuol sapere anche perché ha una evidente (solo per noi) cotta per Carell.

Carell frequenta il bar di cui sopra, ma solo per fini alcolici e per lagnarsi con chiunque della moglie. Va finire che Gosling ne prende a cuore il caso, e cerca di trasformarlo in un altra macchina per sedurre. Dopo un lungo apprendistato, le istruzioni, sia pure in un modo poco canonico, funzionano. La pollastrella è una insegnante (Marisa Tomei) che al dunque si dimostra vulcanica.

E questo è solo l'inizio. Ah, non ho accennato al fatto che la Moore è entrata in crisi (lei si chiede se quella di mezza età colpisce anche le donne, notando che nei film succede solo agli uomini) perché ha tradito il marito per un collega, che poi è Kevin Bacon.

L'intreccio poi si infittisce, con una serie di colpi di scena che, pur non essendo molto probabili, non sono mai assurdi. Ci stanno. Perlomeno nell'ambito della commedia elegante.

Bravi gli attori a rendere passaggi anche complicati. Tipo, è possibile pensare che un Ryan Gosling in splendida forma, donnaiolo, pieno di soldi, susciti compassione per la vuotezza della sua vita? Beh, sì, almeno con me c'è riuscito.

2 commenti:

  1. concordo
    è una commedia brillante, ben riuscita
    visto che hai citato C. Grant, te lo trovo io un precedente dove LEI scaccia LUI ma alla fine se lo ritrova al fianco: 1940, regia di G. Cukor, Cary Grant, Katherine Hepburn...

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    1. Scandalo a Filadelphia. Già mi avevate fatto venire la curiosità di vederlo (non me lo ricordo proprio, possibile che sia una prima visione per me?), dovrò procurarmene una copia.

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