This must be the place

Numericamente vincitore ai David con sei stautette, (anche se Cesare deve morire dei Taviani si cucca i premi per il miglior film e la miglior regia) avrebbe forse potuto puntare a pigliarsi almeno qualche nomination agli Oscar, se non fosse che un pasticcio organizzativo non avesse causato il lancio sul mercato americano solo a marzo di quest'anno, rendendolo quindi eleggibile, ma a questo punto con scarse speranze, per l'edizione 2013.

Errore sorprendente, considerando l'investimento ragguardevole. Ennesima occasione sprecata per una produzione italiana, spero solo che non si trasformi in uno stop ad ulteriori prove internazionali per Paolo Sorrentino.

La storia è quella di una rock star in disarmo (Sean Penn), ritiratosi a vivere in una villa strepitosa da qualche parte in Irlanda con la moglie (Frances McDormand). La prima mezz'ora ci mostra quanto sia sull'orlo della depressione. Fatto è che faceva musica per denaro, e la punizione che ha ricevuto per questa sua colpa è stata quella di guadagnarne una quantità spaventosa e di non sapere cosa farsene. Colpa accessoria, e non minore, è stata quella di cantare canzonette deprimenti vagamente suicidarie, solo perché suonavano bene, ma prese sul serio da almeno un paio di suoi giovani fan.

Capita poi che lo avvertano che il padre, che non vedeva da decenni, sia in punto di morte, torni dunque negli USA, per lui lontanissimi dato che tra le numerose fobie ha anche quella per il volo. Arriva tardi, ma scopre che il padre aveva una ossessione: ritrovare un nazista che l'aveva umiliato nel 1943, in un campo di concentramento. Parla con un cacciatore di criminali di guerra, ma scopre che si tratta di un pesce piccolo, e per questo non interessa a nessuno. Decide dunque di fare da sé.

Tutto quello detto sopra è solo il prologo, la vera storia è il viaggio che porterà il protagonista a diventare finalmente adulto.

Visto il tema, ci voleva una colonna sonora adeguata, che viene fornita in larga parte da David Byrne, che ci canta pure dal vivo la canzone che dà il titolo al film.

Premiate con un David la sceneggiatura di Sorrentino e Umberto Contarello, la fotografia di Luca Bigazzi (avvantaggiato anche dalle riprese on the road nei vasti spazi americani, che fanno sempre scena), Byrne come miglior musicista, la migliore canzone originale, il miglior truccatore, e il miglior acconciatore.

Non ho visto il film dei Taviani, ma la regia di Sorrentino mi è sembrata molto buona, alcune sequenze sono girate in modo memorabile.

2 commenti:

  1. i premi a this must be the place sono strameritati, anche perché contro il resto di film italiani sembra davvero di un altro pianeta.
    cesare deve morire non l'ho ancora visto, ma visto che continua a raccogliere premi in giro mi incuriosisce sempre più...

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    1. Vero. Però viene da dire anche: bella forza, con quel budget!

      Il problema è che far rientrare quei capitali bisogna avere alle spalle una produzione capace di gestire il mercato mondiale. Se no succede che di film ne fai uno, i finanziatori si scottano e non ci riscascano.

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