In originale il titolo include anche un sinistro Campane a mezzanotte (Chimes at midnight) che dà un bell'indizio di dove il regista, sceneggiatore, protagonista (Orson Welles) vuole andare a parare.
È l'ultimo lungometraggio diretto da Welles, dopo di questo riuscirà a trovare fondi solo per documentari o corti, e anche questo lavoro è stato strangolato da una evidente mancanza di soldi. Per riuscire arrivare alla fine si sono fatti salti mortali: si tratta infatti di una composita produzione ispanico-franco-svizzera con set basato in Spagna e post produzione in Francia. Nel cast brillano Jeanne Moreau, Fernando Rey e, in un piccolo ruolo, Walter Chiari. Il montaggio e il sonoro sono sorprendenti (nel senso che succedono cose inaspettate); contrariamente alle abitudini del regista, i primi piani abbondano, lasciando pensare ad una scelta economica più che stilistica.
Eppure ci sono scene degne di un colossal. La battaglia, ad esempio, una decina di minuti di violenza insensata, punteggiata da inquadrature di Falstaff, inscatolato in una gigantesca armatura, che scappa di nascondiglio in nascondiglio. La maestosa incoronazione di Enrico V, con il suo scambio di battute con Falstaff. E in altre scene Welles riesce a rendere l'isolamento di Enrico IV, o l'esagerato trasbordare fisico di Falstaff, semplicemente mettendo la macchina da presa al punto giusto.
La storia è tratta praticamente alla lettera da Shakespeare, ma cambiando radicalmente il punto di vista. Falstaff è infatti un personaggio minore che appare in Enrico IV, Enrico V, e ne Le allegre comari di Winsdor, qui viene trasformato nel protagonista assoluto, e tutta la vicenda viene letta in sua funzione. Da figura tragicamente comica a comicamente tragica. Compagno di crapula del principe di Galles, quando questi sale al trono come Enrico V, invece di riconoscere la sua amicizia, lo allontana rinnegandolo.
Dunque è un film sul tradimento dell'amicizia. Ma va pure considerato che Falstaff non è certo un agnellino, anzi. Lo vediamo mentire, tradire, rubare, farsi prepotente con chi non si può difendere, ma scappare non appena vede il rischio di una mala parata. E allora è anche un film sul mistero dell'animo umano. Enrico V tradisce la sua amicizia con Falstaff perché in quel momento non è più sostenibile, lo metterebbe in posizione di inferiorità nei confronti dei suoi nemici interni. Ma allora non fa altro che seguire gli insegnamenti di Falstaff. E allora, per logica, Falstaff dovrebbe rendersi conto che è stato lui a vincere, Enrico V è un suo degno allievo. Il fatto è che noi umani non siamo logici.
Nessun commento:
Posta un commento