Il tema dei cloni umani, e quanto essi vadano considerati persone a tutti gli effetti, è molto trattato nel genere propriamente fantascientifico, basti pensare a Blade runner, Gattaca o, se proprio ci si vuole fare del male, persino a The island.
Più raro che venga trattato da uno scrittore come Kazuo Ishiguro. Vero che la sceneggiatura è scritta da Alex Garland, che però ha mantenuto il film fuori dai canoni del genere. Visto che correntemente non esistono cloni umani, a uno scrittore dovrebbe venire più che naturale ambientare la storia nel futuro, ma Ishiguro ha pensato bene di creare una distopia nel nostro passato prossimo, eliminando così ogni necessità di appoggiarsi a fantasie tecnologiche e focalizzandosi invece sul rapporto tra umani e quasi (?) umani.
Il risultato è, a mio avviso, sconvolgente. Ci si chiede quanto noi (cosiddetti) umani siamo disposti a mettere il silenziatore ai nostri buoni sentimenti se questo ci è utile. E la risposta è realistica e sconfortante. Interessante (per non dire raccapricciante) anche la risposta che viene data al dubbio che sorge spontaneo, ovvero, come fare "stare buoni" i cloni in attesa del loro destino? Basta educarli come subumani - niente di drammatico, si intende. Semplicemente non spiegandogli come fare a relazionarsi con il resto dell'umanità. E se manca quello, cosa può fare un povero diavolo?
La regia è stata affidata a Mark Romanek che mi pare abbia svolto bene il suo compito, lasciando parlare la storia e veicolando con i colori (come aveva già fatto in One hour photo), qui quasi assenti, il suo punto di vista. Anche la bella colonna sonora (musiche originali di Rachel Portman) fa la sua parte nel creare un ambiente emotivo appropriato.
La vicenda segue la breve vita di tre cloni, che da adulti sono interpretati da Carey Mulligan, Andrew Garfield e Keira Knightley (da notare che la Mulligan e la Knightley si erano già incontrate in Orgoglio e pregiudizio, ma qui è la Mulligan ad avere il ruolo principale), a partire da quando vanno ad una sorta di scuola privata (diretta con fiero cipiglio da Charlotte Rampling) fino al loro epilogo.
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