Più che un film, un esercizio di stile. Remake di Yo ho ho, film bulgaro che ha ottenuto una certa visibilità solo oltrecortina (è del 1981), che viene arricchito visualmente a scapito della scorrevolezza della storia (per quanto sono riuscito a trovare sulla sceneggiatura originale di Valeri Petrov).
Si racconta di una bimba in ospedale per un braccio rotto nella California dell'inizio del secolo scorso che fa amicizia con uno stuntman rimasto paralizzato in seguito ad un numero poco riuscito. Lui le racconta una storia che si sviluppa usando agganci della realtà e dei desideri della piccola, che però viene finalizzata a fare in modo che lei gli fornisca (inconsapevolmente, si intende) gli strumenti per permettergli di suicidarsi. Il piano dell'uomo va orribilmente male, e la bambina rischia di morire. Lui si convince definitivamente di essere un buono a nulla, ammazza ad uno ad uno tutti i personaggi della sua storia (a partire da un piumoso Charles Darwin con la sua saggia scimmia) per esporre alla fine la sua nullità nello scontro finale tra il suo alter ego e il supercattivo. Fortunatamente si tratta di una commedia, e nonostante la situazione sembri disperata c'è ancora spazio per il lieto fine.
È il secondo film diretto da Tarsem Singh, dopo The cell, anche quello un film che si sviluppa su due livelli. Qui passiamo tra realtà e fantasia, lì tra realtà e subconscio di un criminale, in una sorta di strano incrocio tra Il silenzio degli innocenti e Matrix. Mi ha fatto pensare anche a I soliti sospetti, per come la storia di fantasia all'interno del film viene creata appoggiandosi ad elementi trasfigurati della realtà. Ma qui la sceneggiatura mi pare più interessante, perché ho apprezzato la crescita del protagonista, che riesce, grazie alla bambina (che nonostante le apparenze finisce per essere il personaggio più maturo) a superare la sua crisi. E naturalmente anche a Being John Malkovich (Spike Jonze ci mette il nome nei titoli di testa assieme a David Fincher).
Musicalmente parlando si va sul sicuro, appoggiandosi alla settima sinfonia di Beethoven; visualmente si sfruttano le bellezze naturali e architettoniche di quasi tutto il mondo, creando una sorta di brochure in stile National Geographic per la Terra ad uso e consumo di un alieno in visita sul nostro pianeta. O di memorandum per tutti quanti noi su quanta bellezza ci sia nel nostro mondo.
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