Nel solco del filone sulla speculazione finanziaria, che si interroga su che tipo di persone possano vivere in tale ambiente (vedi ad esempio Wall street e il suo sequel, Margin call, Cosmopolis), il primo lungometraggio di Nicholas Jarecki (sceneggiatura e regia) sposta maggiormente l'enfasi sulla vita privata del protagonista (Richard Gere decisamente in forma) e mette più in ombra l'aspetto economico della vicenda.
Il signor Miller è uno squalo newyorkese come tanti, che possiede una sua finanziaria con cui compie i soliti maneggi più o meno oscuri che l'hanno portato a pensare quotidianamente nell'ordine dei milioni di dollari. Ha una casa da favola a Manhattan, una bella moglie (Susan Sarandon) e figlia (Brit Marling) e compie sessant'anni proprio all'inizio del film. Già che c'è ha pure una splendida amante francese (Laetitia Casta) con velleità artisticheggianti (e si lascia intendere che la sua attenzione per il gentil sesso non si limiti a lei).
Nonostante l'apparente idilliaco quadretto c'è qualcosa che non quadra, e in pochi minuti scopriamo la magagna. Sta infatti cercando di vendere la baracca per una cifretta nell'ordine di mezzo miliardo di dollari a una grossa banca, nascondendo a tal fine un gigantesco buco (quattrocento milioni abbondanti) che un affare sballato ha generato. Se non riesce a vendere nel giro di pochi giorni, gli azionisti potrebbero scoprire che la loro quota non vale più nulla e rivalersi, anche penalmente, su di lui. Qualche anno di galera non glielo leverebbe nessuno.
Come se non bastasse, causa colpo di sonno al volante, uccide l'amante, non chiama i soccorsi (per evitare uno scandalo che potrebbe rallentare l'accordo di vendita), e torna in città alla chetichella, facendo finta che non sia successo niente.
Capita che però ad occuparsi del caso sia un poliziotto che ha un certo fiuto (Tim Roth) e poche remore morali, che capisce in un baleno chi guidava l'auto e cerca di incastrarlo.
Il nostro deve trovare una via di uscita dal garbuglio in cui si è ficcato. Come dice il titolo originale (Arbitrage) deve valutare la sua posizione, quella delle altre parti in gioco, e arbitrare un risultato che soddisfi, per quanto possibile un po' tutti. Ritagliandosi, ovviamente, la sua fetta.
Verrebbe da dirsi, OK per il versante economico della storia, ma che senso ha cercare di arbitrare un omicidio, per quanto colposo? Il fatto è che Mr.Miller non è capace di ragionare in altro modo. L'amante è nervosa? Compra un paio di quadri dalla sua galleria. Ha bisogno di una copertura per la sua debole posizione legale? Mette sul piatto qualche milione.
Però c'è da dire che nel suo campo sa il fatto suo, e che i soldi sono un fattore che finisce per avere il suo peso anche dove non avrebbe molto senso usarli. E dunque potrebbe essere che il finale finisca per premiarlo. Ma ha davvero calcolato tutto? Sono davvero i soldi l'unica unità di misura utilizzabile nella sua vita? Se ci fosse qualcuno che non li reputasse poi così fondamentali, ci potrebbe essere un impiccio.
C'è qualche punto debole a livello di sceneggiatura, e la regia non è particolarmente brillante, ma penso che Jarecki abbia dimostrato di saperci fare. Forse sarebbe stato meglio dare un po' meno spazio a Gere, non perché non regga il peso (al contrario), ma perché il cast al contorno ha davvero poco tempo per poter incidere sostanzialmente nella trama. Che poi, a ben vedere, è in linea con il carattere del protagonista, un accentratore dispotico che pensa che tutti debbano fare riferimento a lui.
Ben curata la colonna sonora con Just one more chance cantata da Billie Holiday in un momento topico e I see who you are di Björk sui titoli di coda. Entrambe sottolineano a dovere l'azione, e la seconda (Vedo chi sei) spiega bene cosa succede negli ultimi minuti.
un bel film, davvero (bisognerà che vinca la mia crescente pigrizia e lo recensisca come si deve)
RispondiEliminaDUE SCENE MADRI: il protagonista affronta il superbanchiere Mayfield e lo convince a concludere l'affare con un BLUFF da capogiro (al tavolo del poker uno come Miller ti spenna come niente) e nel Central Park si scontra con la figlia Brooke (lei sì, un'idealista)
Mi ha lasciato indeciso. M'è piaciuto e ho apprezzato regia, storia e recitazione. Ma c'è anche qualcosa che non mi ha convinto a fondo. Tipo la parte in cui Miller vede il bluff del poliziotto. Mi è parsa un po' forzata. E' un film per cui ho bisogno di una seconda visione.
EliminaInteressante come Gere scelga i suoi film. Ormai può fare quello che vuole, ed evidentemente ne approfitta per pescare i copioni che più gli interessano, a prescindere da quante possibilità di tradursi in successi economici abbiano. Come spettatori, a volte ci va bene (come in questo caso), a volte capitano cose come Hachiko.
Ciao BlaBla, scusa il commento fuori tema ma è per una buona causa: hai vinto un premio http://componenteinstabile.blogspot.it/2013/03/premio-liebster-award.html (e sì, nuova catena in circolazione) :)
RispondiEliminaIdem, doppia nomination!
RispondiEliminaGrazie e grazie :)
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