John Wick

La storia è vecchia come il cucco. Un terribile assassino in pensione anticipata, costretto a tornare al lavoro, dimostra di non aver perso lo smalto dei bei tempi andati.

Forse la prima volta che ne ho visto una variante è stato nel West and soda di Bruno Bozzetto (1965) che riprendeva come parodia questo stereotipo del cinema western. Sarà per questo lontano imprinting che a me non dispiace vederne variazioni, e anche se ho mancato il recentissimo The equalizer con Denzel Washington al cinema penso di recuperarlo in visione casalinga.

In questo caso ho trovato la realizzazione piuttosto sotto tono. Un problema sostanziale direi che sia la durata. Una trama così esile non riesce a reggere i cento minuti canonici. Una produzione più efficace avrebbe tagliato gli ammazzamenti prima che diventassero troppo ripetitivi. Si veda ad esempio la Lucy di Besson. Un altro problema è certamente la scarsa esperienza dei registi. Chad Stahelski e David Leitch (*), più noti per il loro lavoro nelle coreografie dei combattimenti e coordinamento degli stunt, fuori dal loro ambito specifico hanno ben poco da dire.

Ci sono poi anche problemi più sostanziali, ma non è che in un film come questo si badi poi tanto alla sostanza.

Sul versante positivo, c'è il buon senso del ritmo, almeno finché non si raggiunge la saturazione, e l'idea di un albergo in centro alla New York contemporanea destinato esclusivamente ai killer di passaggio.

John Wick è interpretato da un Keanu Reeves alle prese con la sua solita limitata espressività, che qui potrebbe essere benevolmente vista come sottoprodotto della focalizzazione del personaggio nella sua missione.

Di solito i protagonisti di queste trame intervengono per evitare o vendicare qualcosa di mostruoso. Wick invece sbarella perché lo hanno pestato, gli hanno rubato la macchina, ma soprattutto perché gli hanno ucciso il cane. E va bene, il cane era una cagnolina pucciosa ultimo regalo della sua amata moglie, però, per la miseria, poteva prendersene un altro subito, invece di ammazzare prima svariate decine di persone. Le basi teoriche del comportamento di Wick sono spiegate in 7 psicopatici e ne Il settimo continente dove McDonagh e Haneke illustrano ognuno seguendo il proprio taglio preferito (rispettivamente satirico e documentaristico) come allo spettatore di questo genere di film non faccia grande impressione l'omicidio ma strabuzzi di fronte all'uccisione di un animale di compagnia. Tra l'altro il film di Haneke può essere preso a riferimeto per la scena in cui Wick distruggerà una gran mole di soldi. Qui però i registi mostrano di non aver capito bene la lezione. Perché qui ad essere impressionati sono sono solo i personaggi, e non ho visto grandi reazioni nel pubblico.

Abbastanza improbabilmente, prima di lasciare il lavoro, Wick era un killer al soldo di un delinquente russo basato a New York, tale Viggo Tarasov (Michael Nyqvist). Bizzarra la scelta di chiamarlo Viggo, un nome per niente russo e che difficilmente può non far pensare a Viggo Mortensen e quindi a La promessa dell'assassino, dove anche lì, ma in modo molto più plausibile, si parla di delinquenza di area russa trapiantata in occidente (là era Londra). E da lì si può risalire all'altro film della coppia Mortensen-Cronenberg A history of violence, la cui trama è abbastanza simile, ma sviluppata con una profondità non paragonabile.

A pestare i piedi a Wick è il figlio di Viggo, Iosef (Alfie Allen), per cui avremo la dinamica capo-dipendente contrapposta a quella padre-figlio. C'è spazio anche per un paio di comprimari notevoli, John Leguizamo e Willem Dafoe, un meccanico e un altro top killer, ruoli poco significativi.

Mi pare invece significativo che l'impalpabilità del lato femminile nel film. La moglie di Wick (Bridget Moynahan) muore prima dell'inizio del film, e la signora Tarasov non è mai nemmeno citata. Per quel che ne sappiamo Iosef potrebbe essere nato in provetta. Ci sarebbe una killer, Ms.Perkins (Adrianne Palicki) ma è così maschiaccio che non converrebbe nemmeno citarla. Il fatto è che in questo film le armi fanno da succedaneo alla sessualità. Ci sono carrellate su pistole e fucili che mi hanno ricordato equivalenti indagini della camera su corpi femminili in B-movies di altro genere. Forse in questa prospettiva hano un senso i troppo lunghi combattimenti, che non sono altro che la trasposizione nell'uso delle armi di quello dei corpi nel genere sexploitation.

Curioso che la carneficina si svolga principalmente a New York e che, nonostante il massiccio uso di armi, non si veda mai la polizia (**). Mi pare anche che a morire siano solo delinquenti e affiliati, come se tutto scorresse su un piano parallelo alla realtà dei comuni mortali. In effetti, a pensarci bene, la cifra stilistica sembra quella del videogioco. Anche le coreografie degli scontri sono impossibili, con Wick che sembra sapere sempre dove sarà il prossimo che deve ammazzare. Un po' come Tom Cruise in Edge of tomorrow, ma lì la spiegazione c'era.

(*) Per motivi che non so David Leitch non è accreditato ufficialmente.
(**) Una eccezione, un poliziotto che va a casa di Wick su chiamata dei vicini, gli apre il padrone di casa coperto di sangue (altrui), vede un cadavere nel corridoio, chiede se la situazione è sotto controllo, e se ne va.

2 commenti:

  1. Risposte
    1. Se non piace il genere, e se non si è un fan del protagonista, probabilmente conviene lasciar perdere.

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