Una produzione di lusso per una melodramma di cui mi sfugge un po' il senso. A voler essere generosi, si potrebbe fare un paragone con la Madama Butterfly di Puccini, in entrambi i casi occidentali parlano del Giappone senza entrare troppo nei dettagli. Però Puccini ha prodotto un capolavoro della lirica primo-novecentesca, qui invece abbiamo a che fare con un buon prodotto medio della cinematografia americana contemporanea.
La regia è di Rob Marshall (Chicago), su sceneggiatura di Robin Swicord (specializzata in chick-flicks) da un romanzo di Arthur Golden (autore americano, nato a Chattanooga - città del Tennessee più nota per un famoso ma inesistente treno messo in musica per la big band di Glenn Miller, che si può ascoltare qui sotto grazie a youtube). Il tutto è stato prodotto da Steven Spielberg.
Cosa diamine ha a che fare tutto ciò con il Giappone? La risposta che nasce spontanea é: nulla.
Immagino che il tutto sia stato fatto sull'onda di una certa fascinazione nei riguardi di questo per noi lontano e quasi incomprensibile Paese, e da una certa curiosità, anche un po' morbosa, per il ruolo della geisha.
Veramente notevole l'impegno della produzione, che ha generato un cast di tutto rispetto con Gong Li nella parte della geisha bella e "cattiva"; Michelle Yeoh (il cui bellissimo inglese internazionale m'è sembrato un po' fuori tono in questo caso) come geisha rivale di Gong Li e "buona"; Ken Watanabe, l'amore impossibile della geisha; Cary-Hiroyuki Tagawa eccetera.
Montaggio di Pietro Scalia, premiato col nastro d'argento, notevole la colonna sonora, per lo meno nella parte occidentale - la musica giapponese è aldilà delle mie capacità di ascolto, diretta da John Williams con parti assegnate a personaggi del calibro di Yo-Yo Ma e Itzhak Perlman.
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