I guardiani del destino

Il titolo italiano è eccessivamente pomposo e rischia di creare aspettative che non saranno confermate dalla visione del film. Meglio dunque l'originale The adjustment bureau che illustra immediatamente un aspetto bizzarramente burocratico (per l'appunto) della vicenda narrata.

In teoria la sceneggiatura sarebbe tratta da un racconto breve di Philip K. Dick, che però era in realtà completamente diverso, e più giocato su registri umoristici (Adjustment team). In pratica l'idea originale viene adattata all'immaginario di George Nolfi (sceneggiatura, regia, produzione) da cui emerge Isaac Asimov (la psicostoria della Fondazione), Matrix e magari anche un po' di Inception. Per non parlare della altre trasposizioni cinematografiche di lavori di Dick (Minority report, ad esempio). Nonostante tutto ciò, il risultato m'è sembrato sufficientemente originale e godibile, anche grazie al fatto che i fatti vengono narrati secondo l'angolazione inconsueta del romanticismo che non è solitamente molto frequentato nel genere fantascientifico.

Matt Damon sarebbe sul punto di diventare senatore dello Stato di New York, ma viene sonoramente battuto a causa di un intempestivo scoop del New York Post (noto giornale scandalistico del posto). Mentre medita nei bagni del Waldorf sul discorso da dare dopo la sconfitta, incontra Emily Blunt (che lì si nascondeva per sfuggire alla security) e lei gli dà lo stimolo per rivoluzionarlo e fare un colloquio diverso dal solito.

La commedia romantica è già impostata, a questo punto: sappiamo già che ci saranno degli inghippi, ma che alla fine verranno risolti. Quello che non ci aspetteremmo è che l'inghippo è rappresentato da una entità sovrumana (ma comicamente burocratizzata - da notare tra gli addetti una particina per Terence Stamp) che cerca di indirizzare l'umanità seguendo un misterioso piano. Naturalmente il piano non prevede che i due piccioncini stiano assieme. Naturalmente Damon non accetta ciò (e neanche lei, ma senza sbattersi altrettanto), ci mette alcuni anni (!), ma alla fine si arriva alla resa dei conti.

Il tema abbastanza paranoico di una misteriosa entità che ci scompagina l'esistenza facendo accadere fatti improbabili (paranoia che a molti, prima o poi, capita di sperimentare) viene mitigato dal tema contrapposto del singolo che, costi quel che costi, si batte per far valere le sue scelte.

2 commenti:

  1. il film comincia bene, con un'atmosfera piena di mistero (tipico dei racconti di Ph. Dick) ma poi la regia perde colpi e si finisce con buonismo alla W. Disney
    MI CHIEDO come mai questi onnipotenti Custodi del Destino non abbiano impedito 1)la morte di Lincoln 2) la pubblicazione di TRE METRI SOPRA IL CIELO 3) la vittoria di V.Scanu a Sanremo

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  2. Rimando il lettore causale alla lettura del tuo post dove ci si può far quattro risate aggiuntive a spese Nolfi.

    Non direi però che sia la regia a perdere colpi, mi sembra piuttosto un problema di aspettative, tarpate in chi pensava di vedersi un bel classico filmone di fantascienza e invece si trova a fare i conti una trama romantica. Naturale che il finale risulti indigesto, se non si assorbe il passaggio di genere.

    Anche secondo me il senso dei custodi è oscuro, ma non per il problema che dici tu.

    Non sono onnipotenti: fanno un sacco di errori, si lagnano anche di essere pochi, stanchi e oberati di lavoro. Del punto 3 non ti so dire (fortunatamente non ho seguito la vicenda) ma per 1 e 2 la risposta è facile: altri loro fallimenti.

    A me pare evidente l'idea sia un adattamento della Fondazione di Asimov (un gruppo di umani che guida il destino di tutta la specie per cercare di farla uscire alla meno peggio da una specie di catastrofe culturale galattica) che però non funziona bene. Credo che Nolfi abbia pensato di semplificare, facendoli diventare tipo angeli, il che però li rende privi di senso: cosa gliene importa mai a loro se noi ci autodistruggiamo?

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