Trasposizione che salva lo spirito del romanzo originario pur apportando dei cambiamenti non indifferenti, sia per ragioni di tempo (la storia del protagonista viene semplificata), sia per ragioni di censura (molto dell'erotismo della vicenda viene solo accennato, o completamente eliminato), sia per sfruttare appieno le caratteristiche degli interpreti. La sceneggiatura mantiene la firma del solo Vladimir Nabokov ma si sa per certo che Stanley Kubrick, oltre alla regia, ne ha curato le molte variazioni, in accordo con l'autore del libro.
La drammatica storia è quella di un professore di letteratura europeo (intepretato da James Mason) che giunge negli USA, prende una cotta per una ragazzina (poco più di una bimba) e piega il resto della sua vita a questa passione, giungendo ad un tragico epilogo. Una tragedia, dunque, ma sia nel libro che nel film la si riesce ad affrontare usando toni lievi da commedia. Nel film l'alleggerimento è operato anche grazie all'espansione del ruolo dell'antagonista, affidato ad un Peter Sellers decisamente in forma.
Il remake del 1997 di Adrian Lyne (Jeremy Irons nei panni del professore) punta invece tutto sull'aspetto della tragedia, e mi pare che dimostri come questo sia un errore.
Interessante la struttura narrativa voluta da Kubrick, dove nella prima scena (in cui, fra l'altro, Sellers cita scherzosamente Spartacus, il precedente lavoro dello regista) si dà via il finale (il professore uccide il suo antagonista) creando quindi un parallelo con Quarto potere e spostando dunque l'attenzione sul personaggio dell'antagonista.
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