Persona

Il titolo non è in italiano, semmai in latino, forse meglio sarebbe stato tradurlo con Personaggio, che avrebbe (credo) fatto pensare subito ai Sei personaggi di Pirandello, fornendo un'utile chiave interpretativa allo spettatore.

Dietro ad un possibile riassunto apparentemente semplice, l'opera si rivela impervia, aperta a interpretazioni di tutti i tipi. Io propenderei nel leggerlo come horror, visto che il finale è riuscito a farmi venire i brividi dal raccapriccio, cosa che non ricordo mi sia mai capitata prima.

Una grande attrice (Liv Ullmann) ha una crisi nervosa alle prove di Elettra, e da quel momento non spiaccica più parola. La psichiatra da cui è in cura la affida ad una giovane infermiera inesperta (Bibi Andersson), senza grandi risultati. Le due vengono spedite in una casetta isolata sul mare a passare l'estate, sperando questo faccia bene alla malata. E in effetti avviene un cambiamento, ma inaspettato. Le due protagoniste sembrano scambiarsi di ruolo (chi ha subito un trauma - e quale? - e chi sta curando l'altra? chi è forte e chi è debole?), fino ad arrivare al finale, aperto a svariate interpretazioni.

Il tutto narrato con gran verve sperimentale da Ingmar Bergman, e memorabile interpretazione delle due eccellenti protagoniste. Il prologo è una specie di caos primigenio che mi pare rappresenti la mente confusa dell'attrice. A schegge di cinematografia del tempo andato, si sommano immagini di un ragazzetto in un obitorio (?) che sembra morto, ma non lo è, e che quando si risveglia tende all'immagine confusa di una donna che potrebbe essere tanto la Ullmann quanto la Andersson, o entrambe.

All'inizio, e per gran parte del tempo, l'infermiera viene mostrata come timorosa, in posizione subalterna rispetto alla paziente, ma nella seconda parte sembra a tratti avere il sopravvento, e nel finale forse assume un ruolo dominante (o forse viene ridotta a mero personaggio).

L'attrice dovrebbe essere la malata, quella a cui manca qualcosa, e in particolare in tutto il film non dice che poche parole, che sono poi qualcosa come "Non farlo!" "Nulla", ma anche, stranamente, una frasetta quasi inaudibile "dovresti andare a letto o ti addormenterai sul tavolo", che l'infermiera ripete, quasi come se ripetesse la battuta che arriva da un suggeritore. Eppure è quella che mostra di avere una volontà più forte, e (come dicevo, è opinabile) nel finale forse ha il sopravvento definitivo sull'altra.

Tra le molte cose strane che accadono, c'è una vivida scena di sesso sfrenato tra la Andersson, un'altra donna e due ragazzini molto giovani, di cui sappiamo tutto ma non vediamo assolutamente nulla; c'è poi un monologo della Andersson (che bilancia il silenzio della Ullmann con un personaggio molto chiacchierino) in cui, inesplicabilmente (ma anche no), l'infermiera parla di fatti molto privati dell'attrice, che non avrebbe modo di sapere. Questo monologo è ripetuto, in modo da lasciarci la possibilità di vedere prima la reazione della Ullmann, e poi l'espressione della Andersson. Nel finale abbiamo anche l'irruzione del regista in persona, con tanto di macchina da presa, a ricordarci che quello che stiamo vedendo è un film, e di non lasciarci impressionare troppo dalla narrazione. Memorandum che cade a proposito, perché sono appena accaduti i fatti molto disturbanti a cui accennavo all'inizio, con le facce delle due protagoniste che, con modalità diverse, per due volte si fondono in un unica immagine.

Tralascio di raccontare anche i due sogni (o forse realtà) della Andersson, e altri fatti minori (si fa per dire) che complicano ulteriormente la vicenda.

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