Cosa sia successo al capitano ceco Karel Hasek (Michael Redgrave) prima dell'inizio del film non mi è chiaro. In un qualche momento è stato fatto prigioniero dai tedeschi, chissà, forse anche prima dell'inizio della seconda guerra mondiale, durante la crisi dei Sudeti. In qualche modo è fuggito e, piuttosto improbabilmente, è riuscito a passare la linea del fronte, finendo in Francia. Siamo però nel giugno del 1940, e i tedeschi stanno pure loro sfondando e finiscono per raggiungerlo.
Se lo identificassero come fuggitivo lo passerebbero per le armi, decide così, dopo una iniziale titubanza, di assumere l'identità di Geoffrey Mitchell, un ufficiale inglese di cui trova il cadavere. Per cui si arrende, e viene riportato in Germania con altri prigionieri di guerra. Non lo beccano subito perché parla un ottimo inglese, ma la sua ignoranza praticamente assoluta della vita quotidiana desta più di un sospetto tra i suoi compagni di sventura. Si aggiunga poi che parla anche un ottimo tedesco, e la sua voglia di rendersi utile glielo fa usare, rendendo ancora più pericolosa la sua situazione.
Per sua fortuna, i britannici credono alla sua buona fede, e fanno il possibile per evitare che venga scoperto dai tedeschi. Per mimetizzarsi meglio, inizia una relazione epistolare con la moglie del defunto Geoffrey, Celia (Rachel Kempson), che per sua fortuna era in pessimi rapporti col marito, per colpa di lui pare, e può dunque usare la scusa della prigionia per dichiararle di essere completamente cambiato e chiederle di ricominciare da capo, come se fossero perfetti sconosciuti che si incontravano per la prima volta.
La storia di Karel e Celia procede in sottofondo mentre la storia principale segue la vita del campo di prigionia, narrando una serie di fatti che diventeranno un classico del genere. C'è anche un tentativo di fuga, via tunnel sotterraneo, che in altri titoli sarà la parte centrale della narrazione, qui è invece un episodio del tutto secondario.
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