The weather man - L'uomo delle previsioni

Il problema di David Spritz (Nicolas Cage) è che non capisce quale sia il suo problema. Apparentemente ha successo, guadagna qualcosa come duecentomila dollari all'anno apparendo in una televisione di Chicago per qualche decina di minuti al giorno, per illustrare le previsioni del tempo che qualcun altro ha scritto. E' arrivato a quel posto seguendo vie misteriose, visto che non sa nulla di meteorologia o di comunicazione. Ha però una faccia simpatica, sorride molto (*), e ha pure accettato di accorciare il suo cognome per renderlo più rinfrescante, qualunque cosa questo possa voler dire. C'è qualche piccolo inconveniente legato al suo lavoro, la gente che lo riconosce e gli chiede un autografo, ad esempio. O, peggio, quelli che lo riconoscono e gli tirano cibo addosso. Non capisce nemmeno lui cosa spinga alcuni a far ciò, ci pensa per tutta la durata del film, valutando alcune ipotesi che ci sono utili per capire qualcosa di più sul suo conto.

Ma quello che David non si spiega è come mai sua moglie Noreen (Hope Davis) lo abbia mollato - secondo lui tutto sarebbe da ricondurre al fatto che una sera si è dimenticato di comprare la sala tartara - e si sia messa con un ciccione (Michael Rispoli) che non ha certo il suo stipendio. Non si spiega come mai suo padre, Robert Spritzel (Michael Caine), non apprezzi il suo successo, e abbia invece serie perplessità sul suo stile di vita. E non si spiega nemmeno come mai i suoi figli, Shelly e Mike (Nicholas Hoult), siano evidentemente infelici e tendano a ficcarsi in una serie di guai.

Con tanta buona volontà, lui prova a risalire la china. Il punto principale è quello di tentare di farsi assumere da una rete nazionale, il che significherebbe trasferirsi a New York e uno stipendio nell'ordine del milione. E cerca anche di ricucire il rapporto con le sue persone care. Per quanto riguarda il lavoro, niente da dire, riesce a farsi valere. Sul lato umano ha qualche piccolo successo contornato da una serie di sciagure, a volte causate dalla sua incapacità relazionale, a volte dovute ad un pizzico di troppo di sfortuna.

Il finale è complesso. Da una parte David matura, riuscendo ad accettare una situazione nella sua vita personale che è davvero difficile da mandar giù, e riuscendo anche a fare una serie di passi in avanti nel suo modo di interagire con gli altri, siano essi le persone che gli stanno vicino, o incontri occasionali. Dall'altra parte, quando scopre che la sua vita è paragonabile ad un fast food (**) la sua reazione non è così orripilata come ci potremmo aspettare. La fa sua, e cerca di essere un buon hamburger.

Buon lavoro alla regia di Gore Verbinski, nel narrare una storia che potrebbe essere scambiata per metaforica della sua vita, anche se spero per lui che la sua vita privata non sia così disastrosa. Bravo anche Nicolas Cage che regge praticamente tutta la narrazione sulle sue spalle, dimostrando che, quando vuole, è capace di recitare. Ottimo Michael Caine, in un ruolo limitato ma intenso.

(*) Sul lavoro. Nella vita reale lo vediamo tipicamente ingrugnito.
(**) Ed è per questo che McDonald's e associati hanno così tanto spazio nella pellicola.

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