Preferisco l'ascensore

Credo sia l'unico film di Harold Lloyd che è rimasto nell'immaginario collettivo (Safety last! in originale, come dire Non ci importa della sicurezza), e solo per la scena in cui Il ragazzo, così è indicato nei titoli, resta appeso alla lancetta dei minuti di un orologio appeso al muro del palazzo su cui si sta arrampicando. Meglio così, perché il resto della pellicola è decisamente dimenticabile.

Eppure ai tempi Lloyd era tra i più fortunati attori comici americani, paragonabile a Charlie Chaplin e Buster Keaton. Dei quali aveva evidentemente assorbito l'influenza, in particolare del primo, di cui sembra a tratti la copia. La comicità espressa è puro slapstick, e per sonoro basta la musica di accompagnamento, le parole non sono essenziali, neanche in forma dei classici pannelli che riportano i dialoghi principali. Se nelle comiche di Keaton e Chaplin si percepisce il genio, per Lloyd mi sembra di vedere solo il frutto di studio e feroce applicazione. Come se Lloyd, non brillantissimo, si fosse messo in mente di ottenere comunque un risultato eccellente.

Harold lascia il paese natio per la grande città (Los Angeles) in cerca di fortuna. Lascia la madre e la fidanzata (Mildred Davis, i due erano coppia fissa anche nella vita) con l'accordo che lei lo raggiungerà quando lui avrà fatto successo. La brutale franchezza con cui lei lo avverte che non potrebbe tollerare una sua sconfitta, spinge lui a mentire, millantando una sua prodigiosa crescita sul lavoro, dove invece è un venditore qualunque. I fantasiosi racconti della vita di città spingono lei a recarsi di sorpresa a trovarlo, temendo che qualcun altra glielo soffi, visto che è diventato un buon partito.

Per non deluderla, lui escogita un piano che dovrebbe riempirgli le tasche e permettere quindi il matrimonio. Le cose non vanno esattamente come aveva immaginato, e per raddrizzare la situazione si vede costretto ad arrampicarsi su di un palazzo, trovandosi a combattere i numerosi e improbabili fastidi che lo disturbano nella scalata.

Il personaggio tipico di Lloyd era una rappresentazione dell'americano medio, piccola borghesia, bianco, protestante, di origini inglesi. Quello che in genere si indica con l'acronimo Wasp. Belloccio, senza particolari tratti distintivi, si dotò di occhiali tondi per essere in qualche modo riconoscibile, e venne per questo noto con il nomignolo di "occhialuto" (glasses). Decisamente imbarazzante il modo in cui il film si fa beffe di neri ed ebrei, che evidentemente non erano nel target del pubblico per cui era pensata la pellicola.

2 commenti:

  1. Lo vidi anni fa sul "Cose (mai) viste" di Ghezzi.
    Ad essere sincero non sono in grado di giudicare film del genere. Sembra strano, ma non so etichettarlo con il classico "è bello" o "é brutto". L'ho voluto vedere per cultura personale.

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    1. Il blog ha principalmente una utilità molto personale, scrivo quel che penso di quello che vedo, il che mi aiuta a chiarirmi le mie impressioni del momento. Ed è buffo rileggermi a distanza di anni, e vedere se e come è cambiata la mia reazione.
      Nel caso particolare, levata la scena diventata iconica, direi che il silenzio calato sulla pellicola sia giustificato. Non ho riso una sola volta, e questo per una commedia non è un buon segno.
      Sono d'accordo sul tuo punto finale, è un film che vale la pena di vedere per motivi storici.

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