Non possono mica sempre vincere tutti. In questo film, ad esempio, è lo spettatore che perde.
Credo che il problema principale stia nello strabismo della produzione che ha voluto fare un film su Nelson Mandela che avesse un certo appeal per gli Oscar (come dire, mostrasse un certo impegno nel sociale parlando di una causa degna di questo nome) e riuscisse pure a fare un incasso ragionevole. A volte il gioco riesce, altre volte, e questo è un caso, no. Anche perché l'idea è stata quella di trattare il personaggio Mandela (interpretato da Morgan Freeman, chi altri?) per mezzo del rugby, uno sport sconosciuto all'americano medio e direi pure al regista (nientemeno che Clint Eastwood). Per ravvivare il tutto, poi, si è dato un taglio giallo, dando rilevanza all'operato della sua scorta che (spoiler) in realtà non ha avuto praticamente niente da fare per tutte le due ore abbondanti del film.
La vicenda di Nelson Mandela vale ben più di una narrazione di questo tipo, anche perché la si è depotenziata per far della sua figura poco più di un santino. Si è tolto tutto quello che poteva dar fastidio, lasciando una storiella che, privata dei lati oscuri, contraddizioni, spiacevolezze varie, è diventata una sbobba dimenticabile.
La sceneggiatura è centrata sui primi anni della presidenza Mandela, si accenna rapidamente ad alcuni tra gli innumerevoli problemi che ha affrontato, e ci si focalizza sul rebus della pacificazione post apartheid, e in particolare sulla sua idea di usare il rugby, che in Sudafrica ai tempi era sport praticamente solo per bianchi, come veicolo di riconciliazione. E qui entra in gioco il personaggio di Francois Pienaar (Matt Damon), capitano della nazionale, che farà un po' da ambasciatore del Mandela-pensiero nell'ostico mondo dei rugbisti.
Vincendo le perplessità di tutti, Mandela manterrà i simboli degli Springboks (la nazionale sudafricana) ma facendo sì che rappresenti l'intera nazione. Punto cardine di questa strategia, il mondiale del 1995, che per l'appunto si tenne in Sudafrica. La rappresentativa locale, sfavorita dalla mancanza di esperienza internazionale (figlia di un lungo embargo nei confronti del precedente regime razzista), avrebbe dovuto far di tutto per vincere la coppa. Sorpresa delle sorprese, ci riuscirà.
Peccato che si finga che per ottenere il risultato sia bastato l'adamantino sforzo di mostrare che una nazione intera si possa riconoscere in un unico simbolo condiviso, dimenticando le divisioni del passato. Certo, c'è stato anche quello. Però forse si sarebbe dovuto accennare, almeno di sfuggita, a tanti altri fatterelli che hanno aiutato.
Ad alcuni la smagliante forma fisica degli Springboks, che anche nel film viene indicata come superiore a quella di tutte le altre squadre, aveva creato qualche perplessità, facendo avanzare l'ipotesi che si fossero usati metodi non limpidissimi per ottenerla. Praticamente impossibile scoprire adesso se fosse vero, però si sa che usare sostanze dopanti aumenta il rischio di malattie rare. Se rugbisti sudafricani del tempo venissero colpiti col passare dei decenni da malattie neurologiche in percentuale significativamente superiore alla media, avremmo un altro indizio che spingerebbe in quella direzione (spoiler, effettivamente sta succedendo).
Che gli arbitraggi non siano sempre all'altezza dell'evento non è certo una novità, ma l'annullamento (perlomeno dubbio) di una meta negli ultimi secondi di una semifinale non è cosa che capiti spessissimo.
Succede praticamente sempre anche che alcuni giocatori risentano del cambio di alimentazione e non rendano come al solito. Meno comune che ad essere colpiti a frotte da una improvvisa debolezza di stomaco siano gli avversari della squadra di casa proprio quando la incontrano in occasione della semifinale e finale.
Tutta la parte relativa alla scorta presidenziale, come accennavo sopra, serve praticamente solo a portar via tempo inutilmente. Da un lato rinforza il concetto della contrapposizione tra bianchi e neri che viene smussata (o addirittura eliminata!) grazie alla passione sportiva, dall'altro viene usata per veicolare l'idea di un possibile attentato a Mandela. Ad un certo punto appare pure un tizio che sembra un killer che stia scegliendo il posto adatto per sparare al presidente, ma poi non se ne fa nulla. Viene pure reinventata la scena in cui un jet di linea sorvola a bassissima quota lo stadio dove si sta per tenere la finale, facendo finta che si tratti di una azione estemporanea del pilota, in modo da farci temere che sia un attacco terroristico quando invece era, ovviamente, tutto preparato.
La regia non mi è sembrata particolarmente ispirata. Nota di demerito per le scene di gioco, girate in modo confuso, e in particolare per il rallenty negli ultimi secondi della partita contro la Nuova Zelanda, che vorrebbe mostrare la tensione sul campo ma, almeno a me, ha fatto pensare agli epici scontri tra l'ispettore Clouseau e il fido Cato, causando un effetto comico del tutto fuori luogo.
MI piacque molto all'epoca...
RispondiEliminatuttavia è stato difficile vederlo, visto che non sopporto Matt Damon.
Credo che si sia intuito che non mi abbia particolarmente soddisfatto (anche se ho apprezzato il lavoro di Damon, che a me piace).
EliminaPerò ognuno ha il diritto di gradire quello che vuole.
A me Damon non dispiace come attore, e il film non mi ha deluso nonostante non sia certo il migliore del regista. pero' non conoscevo tutti i retroscena di cui hai parlato tu! certo, alla luce di questi...
RispondiEliminaIntendevo proprio questo. Chi vedesse il film senza avere idea di come siano andate realmente la cose, probabilmente se ne farebbe un'idea sbagliata. Chi avesse qualche informazione, resterebbe basito dal lavoro di banalizzazione operato. Dunque lo spettatore perde.
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