Chef - La ricetta perfetta

Questo film è una strana bestia. Un prodotto indipendente che sembra venir fuori da una major. Una storia che ha un'apparenza di realismo (per quanto hollywoodiano) ma che fila via senza scosse come una favola alla fine della quale sappiamo che ci aspetta il tutti vissero felici e contenti di ordinanza.

Si narra di Carl, un cuoco (Jon Favreau) che è stufo della sua vita. Lavora in un bel ristorante, con una bella squadra, e va tutto bene. Se non che non è felice, vorrebbe sperimentare ricette alternative, ma questo non è nello spirito del locale, come gli fa notare il proprietario (Dustin Hoffman). Anche la sua vita privata è in un vicolo cieco, divorziato da Inez (Sofía Vergara) che ha in affido il figlio, ha una mezza liason con la caposala (Scarlett Johansson) che non porta da nessuna parte.

Tutto questo lo porta a reagire in modo abnorme alla recensione negativa di un noto critico (Oliver Platt), il che lo porterà a mollare il suo lavoro sbattendo la porta. Poco o niente cambia per il locale, visto che il suo sous-chef (Bobby Cannavale), pur maledicendosi per la propria codardia, lo sostituisce egregiamente. A questo si aggiunga che siamo in epoca di internet, e la piazzata che il nostro fa nell'uscire di scena diventa nota a tutto il mondo, precludendogli alternative valide.

La ex-moglie, che evidentemente lo conosce bene, già da tempo gli diceva di cambiare vita, e gli suggeriva di prendersi una vacanza di lavoro, girare su di un furgone attrezzato per far panini e robe così. A questo punto lui cede. Il furgone glielo dà l'altro ex-marito di Inez (Robert Downey Jr.), come compare riesce a reclutare Martin (John Leguizamo), che già abbiamo visto lavorare con lui, e per di più si porta dietro pure il figlio, con il quale riuscirà finalmente ad avere un rapporto adulto (cosa che voleva il figlio decenne, evidentemente il più maturo nella relazione).

Da questo punto in poi il film si trascina piuttosto stancamente verso un finale piuttosto insipido.

Mi pare fin troppo ovvio che si tratti di una metafora. Favreau è nato al cinema come regista indipendente anche se, grazie alla sua evidente capacità di fare amicizia (basta vedere i nomi nel cast per vederla), è passato presto a dirigere e produrre colossi da centinaia di milioni. Si parla di cucina, dunque, ma ci si riferisce al cinema. Purtroppo Carl è molto più bravo come cuoco di quanto Jon sia capace come sceneggiatore (mentre come regista se la cava decentemente, e come produttore dimostra di sapersi far valere anche con budget limitati). La storia ha spunti interessanti, ma anche lunghe pause in cui si perde solo tempo.

2 commenti:

  1. Sono concorde sul "troppo ovvio".
    E' quel "già visto" che non si sgradisce, ma di fondo lo sai a memoria.

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    1. M'è venuto da pensare che il regista Favreau più che comportarsi come il cuoco Favreau ha finito per fare seguire il non movimento del suo sous-chef Cannavale. O meglio, s'è preso la vacanza dalle megaproduzioni ma per fare le stesse ricette, anche se su di un furgone.

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