La ragazza del dipinto

Si può tranquillamente guardare come se fosse una storia alla Jane Austin (vedasi ad esempio Orgoglio e pregiudizio nella versione di Joe Wright) e sarebbe già bel film. Ma c'è molto di più nella sceneggiatura di Misan Sagay, ben resa dalla regia di Amma Asante grazie anche all'ottimo cast (solo Sam Reid non mi ha convinto completamente), le belle scenografie, i costumi e la colonna sonora firmata da Rachel Portman che ingloba anche brani di Georg Friedrich Händel e Johann Sebastian Bach.

Prima che cominci il film, il capitano di marina sir John Lindsay (Matthew Goode), di stanza da qualche parte nelle colonie di Sua Maestà, ha avuto una relazione con una nativa di colore da cui ha avuto una bella bambina di nome Dido Elizabeth Belle (da cui il titolo originale inglese, Belle). Non sappiamo come e perché, ma la mamma di Belle muore, e capitan John ne è addolorato a tal punto da riconoscere la paternità (siamo nel tardo settecento, la bambina è mulatta, lui è nobile, il riconoscimento non è per niente scontato) e portare la piccola in Inghilterra, per affidarla agli zii, Lord (Tom Wilkinson) e Lady (Emily Watson) Mansfield, che già badavano alla piccola Elizabeth, figlia di un loro altro nipote. Sir Lindsay riparte per la sua missione, e mai più lo rivedremo.

Lord Mansfield è nientemeno che Lord Chief Justice, ovvero colui a cui spetta l'ultima parola in tema di interpretazione della legge inglese, ed è inizialmente in grande imbarazzo nell'accogliere una non-bianca nella sua famiglia. Le leggi e le consuetudini del tempo in una società estremamente formale come quella inglese sono tali da rendere complicate persino le cene in situazioni come questa. Ma basta uno sguardo della piccola Dido (Lady Mansfield decide che sia chiamata col suo primo nome), e una battuta che gli fa intuire la sua pronta intelligenza, per fargli accettare la pronipote, che prenderà rapidamente a benvolere come se fosse una figlia.

Passano gli anni e le due bimbe si sono trasformate in splendide giovin donne (Sarah Gadon e Gugu Mbatha-Raw), e i Mansfield devono pensare ad accasarle. Il che è un problema per entrambe, visto che Elizabeth non ha un soldo e Dido, che pure può contare sul discreto patrimonio lasciatole dal padre, ha un colore della pelle che non viene considerato consono nella buona società.

Sembra che i fratelli Ashford possano fare al caso ma basta notare che per interpretare Lady Ashfor è stata scelta Miranda Richardson e per il maggiore Tom Felton per capire che non è destino che questa sia la meta delle due ragazze. Inoltre vediamo che c'è John Davinier (Sam Reid), figlio del curato che cerca di farsi largo nel campo della giustizia, che sembra un buon candidato per Dido, ma c'è una serie di ostacoli che devono essere superati. (Spoiler: le premesse austeniane verranno mantenuete)

Nascosta dietro questo paravento rosa c'è una trama sociale di buon spessore. Da un lato veniamo messi a parte di un caso legale realmente accaduto (e trattato dal vero Lord Masfield), il massacro della Zong. Un caso nato dalla diatriba tra un armatore schiavista e la compagnia assicurativa che non voleva pagare un danno, in quanto subdorava una truffa, ma che ha finito per diventare paradigmatico nel dibattito sulla liceità di quel commercio nel Regno Unito. Dall'altro ci viene mostrato come la vita in Inghilterra nel tardo settecento fosse, relativamente parlando, una bellezza. A patto di nascere bianchi, maschi, e di buona famiglia. E anche come la moralità possa spingere a cambiare leggi.

Da questo punto di vista, il protagonista del film non è più Dido/Belle, ma Lord Mansfield.

Il titolo italiano del film non è peregrino come potrebbe sembrare a prima vista. Esiste realmente un dipinto con le due cugine, è stato proprio lui la scintilla che ha fatto nascere la sceneggiatura, e ha un ruolo fondamentale nella storia.

2 commenti:

  1. Voglio essere sincero: l'ho visto solo per Gugu Mbatha-Raw...

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    1. Secondo me, la tua è una chiave di lettura lecita ma un po' troppo limitante ;-)

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