Il capitale umano

La notizia del film proposto dall'Italia all'Academy per il premio al film non in inglese, mi ha fatto ricordare che mi sono perso al cinema l'ultimo film di Paolo Virzì (scritto in collaborazione coi soliti Francesco Bruni e Francesco Piccolo). Ho rimediato appena possibile con una visione casalinga.

Ottima regia, solida sceneggiatura (basata sul romanzo omonimo di Stephen Amidon, che è stato rivoluzionato per trasporre l'azione dal Connecticut, visto come periferia di New York, ad una anonimizzata Varese/Brianza periferia milanese, mantenendone però l'essenza), bella colonna sonora che segue bene l'azione (Carlo Virzì), piacevole la fotografia (Jérôme Alméras), esemplare il cast, magari con qualche incertezza in alcuni ruoli minori (in particolare il debuttante Guglielmo Pinelli, Massimiliano, non è che mi abbia fatto fare salti di gioia).

Riusciremo a strappare il secondo Oscar consecutivo? Ci spero. La reazione dei critici americani, per il momento, mi pare positiva. Il premio del Tribeca a Valeria Bruni Tedeschi (e non è nemmeno il primo per lei) potrebbe essere un buon auspicio. La curiosità di vedere come gli italiani abbiano adattato un romanzo americano, e la valanga di premi che il film di Virzì ha già conquistato, potrebbero alzare l'attenzione. Che è la cosa più importante, per come si assegnano le statuette.

Al centro della storia c'è un povero diavolo, cameriere a cottimo, che mentre sta tornando a casa in bicicletta a notte fonda viene travolto da un SUV. Nel finale scopriremo che non riesce a sopravvivere all'incidente, e la sua vita o, come dicono gli assicuratori, il capitale umano, verrà valutata circa duecentomila euro. Questo dramma viene sbrigato in pochi minuti, facendo da cornice alla parte centrale del racconto, che è in pratica la storia di due famiglie, i Bernaschi e gli Ossola, che si trovano in contatto a causa del filarino tra i rispettivi rampolli, Massimiliano (Pinelli) e Serena (Matilde Gioli).

Per esigenze di tempo (e già così il film dura quasi due ore, che però filano via benissimo) ci si focalizza su tre personaggi, ognuno dei quali viene seguito in un suo proprio "capitolo" del film. Dino Ossola (Fabrizio Bentivoglio), Carla Bernaschi (Valeria Bruni Tedeschi), Serena Ossola (Gioli). Seguendo la prospettiva di Dino e Carla abbiamo modo di vedere da diverse angolazioni il personaggio di Giovanni Bernaschi (Fabrizio Gifuni) e, parallelamente, il giovane Bernaschi è reso dalla visione incrociata della madre Carla e di Serena.

Dino è un perdente che sta inseguendo da tutta la vita il sogno di diventare un vincente. Fatica sprecata. Ha già distrutto un precedente matrimonio, e mi pare molto probabile che manderà a catafascio anche la sua attuale convivenza, ed è un peccato, visto che Roberta (Valeria Golino) sarebbe una donna da tenersi stretta - e gli sta anche per dare un paio di gemelli. Ma a lui non importa nulla di lei e nemmeno di Serena, figlia della precedente unione, che vede semmai come utile aggancio per entrare nel mondo dei ricchi. Sarebbe un personaggio comico, se la sua rabbia (ben nascosta dietro a una facciata finto gioviale) e inutilità non lo rendesse squallido. E' così inutile che sparisce prima del finale, avendo forse ottenuto quello che cercava (soldi), lasciato da solo anche dalla sceneggiatura a scoprire di aver sprecato una vita intera.

Carla è ricca e depressa. Ha sposato Giovanni pensando che fosse il principe azzurro, scoprendo solo troppo tardi che lui aveva solo una passione, la finanza d'assalto, e che vedeva in lei solo un trofeo. Vive una vita inconsistente che mi ha ricordato quella della protagonista di Io sono l'amore, o anche peggio, visto che sembra sempre sull'orlo di dissolversi nell'aria. Non riesce nemmeno ad avere una qualche relazione con il figlio, che probabilmente ha ignorato per tutta la vita, e ha un solo soprassalto, in seguito al tradimento del marito. Giovanni tradisce la sua fiducia non con un altra donna (non ne sembra proprio il tipo) ma abbandonando il progetto di ristrutturare il teatro locale, che tanto stava a cuore a Carla (che ha un passato di attrice) per farne invece abitazioni di lusso. Lei lo ripaga con un ridicolo tradimento sessuale con un ancor più ridicolo insegnante di teatro (Luigi Lo Cascio). Basti dire che i due consumano guardando in dvd la Nostra signora dei turchi di Carmelo Bene. Nel finale sembra che sia sul punto di dare una scossa alla sua vita. Ma forse anche no.

Serena sta con Massimiliano, almeno questo è quello che pensano i genitori dei due giovinastri. In realtà lei si è resa conto che lui non fa per lei, ma non riesce a dare un taglio netto alla relazione. Ne inizia un'altra con un bello e dannato e, complice la giovane età di tutti gli implicati, viene fuori un pasticcio. Nonostante tutto sembra essere quella che esce meglio dalla storia.

Al centro della vicenda c'è dunque il denaro. Per lo sfortunato cameriere si tratta semplicemente della disumana quantificazione del valore della sua vita. Per altri (Dino, Giovanni) è lo scopo della loro esistenza. Carla lo ha forse visto come valore importante, ma ha scoperto amaramente di essersi sbagliata. A Serena sembra che non gliene importi nulla, e forse è questo l'unico modo per evitare i guai più grossi.

4 commenti:

  1. Forse Serena salverà se stessa (una volta si diceva "salverà la sua anima") e aspetterà che il bello e dannato esca di prigione.
    E' un gran film e ora tutti a tifare per lui (non sarebbe la prima volta che l'Oscar premia il cinema italiano per 2 anni consecutivi: successe nel 1957-58, nel 1964-65 e nel 1971-72)

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    1. Direi che Serena s'è già salvata evitando di pigliare la stessa strada di Carla. Forse al ragazzetto che s'è scelto farà bene un po' di galera, magari lo aiuterà a capire che attaccarsi ad una figura paterna/materna (lo zio) non è una buona idea, se questo ti vede solo come un bancomat e ti rifila in cambio i suoi problemi.
      L'Oscar sarebbe una bella iniezione di fiducia per il nostro cinema. Potrebbe dare un'altra bella spinta alla produzione di altri film di qualità pensati anche (o soprattutto?) per il mercato internazionale.

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  2. Seguo felicemente Virzì da "Ovosodo".
    "Il Capitale Umano" mi è piaciuto vadero tanto.

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    1. Wyoming!

      Incrociamo le dita e speriamo che l'Academy ci sia propizia.

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