Giorni nostri, Sherlock Holmes (Jonny Lee Miller) ha lasciato Londra causa qualcosa di molto brutto che gli è successo (*). Il facoltoso babbo gli ha pagato la disintossicazione in una clinica di New York e, una volta uscito, gli ha concesso in uso uno dei suoi cinque appartamenti a Manhattan (!), a patto che rimanga "pulito". Per accertarsi che non bari, gli mette a fianco la dottoressa Joan Watson (Lucy Liu), un ex chirurgo che ha commesso un grave errore nel suo passato, e da allora non opera più, e si dedica piuttosto a seguire ex tossici sulla via del ravvedimento.
Se si è vista almeno una puntata dello Sherlock della BBC, e non si è legati alla CBS che ha prodotto questa serie, è difficile non considerare questa serie una specie di spin-off non autorizzato d'oltreoceano. Evito di fare ulteriori paragoni per non buttar troppo giù la serie in oggetto, che dopotutto qualcosa di non male pure ce l'ha.
Noi arriviamo seguendo la prospettiva della Watson, che trova Holmes già pronto a collaborare con il NYPD, e in particolare con il capitano Thomas Gregson, con il quale esiste un rapporto di reciproco rispetto. Ci tuffiamo dunque nel primo caso, che ha ben poco di sherlockiano e sembra più un incrocio tra un caso di Colombo, con il colpevole che si fa gioco delle investigazioni (**), e uno di Ellery Queen. Niente da dire su di entrambi, ma sono cose diverse.
Succede che una tipa viene uccisa. Holmes, come suo solito, vede un sacco di indizi che la polizia trascura, e scopre che il cadavere è nascosto nella panic room (***) di cui il marito (Dallas Roberts) dice che non sapeva nemmeno esistesse. Per motivi che non ci saranno rivelati, Holmes crede al novello vedovo, e dà più peso ai numerosi indizi che indicano un'altra direzione. Segue un caso che presenta alcune lacune logiche, ma che arriva fortunosamente alla soluzione corretta.
Come si capisce meglio dal titolo originale (°) è un vero e proprio episodio pilota, in cui ci vengono presentati i personaggi principali, ci viene raccontata sinteticamente la loro storia, e ci viene mostrato il modus operandi di ciascuno. Come forse si è capito, io ho le mie perplessità. Su Holmes, in particolare. Più che far paura per il suo distacco che a tratti lo rende disumano, in questa versione oscilla spesso tra far tenerezza ed essere il comic relief di se stesso. Lo vedo anche un po' troppo ossequioso nei confronti di Gregson, quando tipicamente i rapporti tra consulting investigator e investigatori sono tesi, o per lo meno ambivalenti. La dottoressa Watson gioca un po' troppo a fare l'assistente investigativa, mettendo un po' in ombra la sua natura intrinseca di bilanciamento umano alla tendenza iper-razionalista di Holmes.
Nel finale di episodio, Holmes fa sfoggio della sua capacità deduttiva mostrando a Watson di essere capace di calcolare il risultato di un incontro di baseball guardando la disposizione in campo dei giocatori. Trattasi di evidente bufala, vedasi Moneyball se si è interessati all'argomento. In questo caso lo sceneggiatore segue un idea meccanicistica della realtà di stampo ottocentesco. Uno Sherlock d'oggidì non cadrebbe mai nella trappola di azzardare una previsione in uno scenario così complesso. Potrebbe piuttosto indicare le due, tre vie di sviluppo più probabili.
(*) Una donna, pare. E se si tratta di una donna non dovrebbe essere altri che Irene Adler.
(**) Ma vedi anche Il caso Thomas Crawford come possibile parziale fonte di ispirazione per lo sceneggiatore, che poi è Robert Doherty, che ha la responsabilità della intera serie.
(***) Vedasi il film omonimo di David Fincher per dettagli.
(°) Un poco fantasioso ma molto sul pezzo Pilot.
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