Una serie di sfortunate circostanze ha fatto sì che il possibile convincente raddoppio di Ninotchka, che avrebbe dovuto indirizzare la carriera di Greta Garbo verso una stagione di commedie, si sia trasformato in una mezza catastrofe che ha finito per chiudere la carriera de La divina.
Eppure la regia è di George Cukor, con cui la Garbo aveva un buon rapporto, il protagonista è Melvyn Douglas, come in Ninotchka, la sceneggiatura basata su una commedia leggera già trasposta per lo schermo con buoni risultati, un buon cast al contorno, in particolare Constance Bennett. Cosa poteva andare storto?
La visione rivela un inizio fiacco, una parte centrale brillante, che però non regge fino al finale. Parte delle colpe penso siano da attribuire alla sceneggiatura, che ha cercato sin dall'inizio di smorzare i toni considerati troppo libertini di quella che era originariamente una commedia del tedesco Ludwig Fulda, ma che aveva tenuto un impianto francese (equivoci, allusioni sessuali, tradimenti) che mi ha fatto pensare a Georges Feydeau.
Ma anche questa autocensura non è bastata, e il film si è trovato di fronte ad una serie di critiche tali, che i produttori hanno pensato di salvare il lavoro in post produzione, tagliando, cucendo, rimontando, aggiungendo scene innocue. Che però non è servito a nulla, gli ambienti cattolico-integralisti hanno mantenuto il loro parere negativo, bloccando addirittura l'uscita del film in alcune piazze.
Come se questo non bastasse, mano al calendario si vede che la prima risale 30 novembre 1941, e la nuova versione ammorbidita è del 31 dicembre 1941. Il 7 dicembre 1941 i giapponesi attaccano Perl Harbor.
Nonostante tutto questo, ci sono alcuni momenti in cui la Garbo sfavilla da par suo. In particolare la parte centrale del film al dancing, con il duetto con la Bennett (anche grazie alla spalla, che regge benissimo il gioco) e il susseguente ballo inventato sul momento (battezzato Chica-Choca) sono memorabili.
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