L'amore che resta

A proposito di traduzioni immaginifiche di titoli stranieri sul mercato italiano, in originale questo fa Restless, che si sarebbe potuto tradurre Irrequieto/a/i. Non credo che il "resta" del titolo sia figlio di una traduzione erronea, ma la sola assonanza m'è parsa ridicola.

In realtà da ridere non c'è molto, visto che si tratta di una storia d'amore che sappiamo sin quasi dall'inizio essere destinata alla catastrofe. Ma il tono è lieve e tutto il dramma è pervaso da un humor nero che a qualcuno (oltre al sottoscritto) potrebbe non dispiacere.

Ottima la regia di Gus Van Sant, che sembra tornato al lavoro con passo spedito dopo la lunga pausa che ha seguito Milk. Qui evita di trasbordare nel dramma strappalacrime o nella commediaccia nera, dirigendo con mano ferma i due giovani protagonisti che occupano quasi interamente il minutaggio a disposizione.

Lui (Henry Hopper, e il cognome non è una omonimia) è un ragazzino molto problematico, affascinato dalla morte, ha un solo amico, a sua volta improbabile e, per dirla tutta, immaginario. Rompe la sua solitudine solo per partecipare a funerali di sconosciuti, ed è qui che incontra Lei (Mia Wasikowska, decisamente stellina in crescita) che indovina subito il suo essere fuori posto.

Lei è certamente più simpatica, allegra, estroversa, amante della natura e fan senza riserve di Charles Darwin. Ha solo un problema, un tumore che le lascia ben poco tempo da vivere.

I due si incontrano, si piacciono, e danno il via ad una necessariamente breve e tempestosa storia di amore che mi ha ricordato a tal punto quella di Harold e Maude, dell'omonimo film di quaranta anni fa, al punto di farmi pensare che si tratti di un adattamento, magari inconsapevole, di quel film.

In particolare, le principali debolezze della sceneggiatura sono proprio nella figura di Lei, che ha un guardaroba troppo ricercato (per quanto bizzarro) e troppa vitalità per la sua giovane età e condizione medica. La storia filava meglio in H&M, dove Maude aveva poco da vivere semplicemente perché in età avanzata.

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