The last king of Scotland, regia di Kevin Macdonald, scozzese e più interessato ai documentari che alla fiction. Nonostante questo, grazie ad un tema decisamente interessante, la feroce dittatura di Idi Amin, e alla convincente interpretazione di Forest Whitaker il film ha avuto un ottimo successo, ratificato anche da una serie di premi tra cui spicca l'oscar a Whitaker.
C'è da tener presente che i fatti narrati hanno un'attinenza molto limitata alla realtà. Per dirla con schiettezza, il dottor Nicholas Garrigan (interpretato da James McAvoy, che ho apprezzato di più in Espiazione) è pura invenzione.
Mi pare che la storia regga solo fino a un certo punto.
Si potrebbe dire che si tratta di un racconto di formazione, dato che inizia con Garrison che si laurea e decide di andarsene di casa, stufo dell'aria di superiorità paterna. Sceglie l'Uganda a caso, fa un po' di sesso casuale, gioca all'inglese (pardon, scozzese) nel terzo mondo, tenta di sedurre la moglie del collega, finché incontra Amin i due si piacciono e lui molla il suo lavoro per diventare il medico del presidente. Fa un po' di bella vita, finché ad un certo punto inizia a maturargli qualche dubbietto sul suo amico Amin.
Fin qui tutto bene. Il dottore risulta essere un ragazzetto in fin dei conti di buon carattere (dopotutto sa fare il suo lavoro) anche se immaturo. A questo punto dovrebbe crescere e prendere delle decisioni. Invece traccheggia e si mette nei guai ancor più profondi. La sua passione per le donne sposate (ad altri) lo porta a legarsi ad una moglie di Amin, al punto da metterla incinta. Pur essendo poligamo e trattandosi di una moglie in disgrazia, la reazione coniugale è quella che ci si può aspettare, e fa a pezzi - letteralmente - la moglie.
E a questo punto siamo oltre la plausibilità. Diciamo che sia possibile che Amin perdoni il medico che gli ha soffiato una moglie, ma che si continui a fidarsi di lui è eccessivo. E solo quando il dottore pianifica di ucciderlo dandogli del veleno invece che pastiglie per il mal di testa, e il piano viene scoperto dall'astuto capo della sorveglianza, finalmente si decide di eliminarlo. Capita però che proprio in quel momento arrivi ad Entebbe l'aereo dirottato da palestinesi per cui, contro ogni logica, si decide di giustiziare il dottore all'aeroporto, utilizzando un sistema che non può che ricordare la prova del dolore a cui si sottopone il protagonista di Un uomo chiamato cavallo (1970). Ma il fortunato dottore riesce a scappare, seppur malridotto, grazie al sacrificio inspiegabile (come dice lui stesso) di un suo collega.
Ha imparato qualcosa il dottor Garrison dalle sue avventure? Non si sa. E forse non gliene può importar di meno a nessuno. Resta la notevole interpretazione di Whitaker e un film tutto sommato guardabile.
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