Non buttiamoci giù

Portare il romanzo omonimo di Nick Hornby (in originale A long way) sul grande schermo è una impresa suicida. In primo luogo perché parla di quattro tizi che tentano di suicidarsi, e lo fa mescolando tranquillamente registri che vanno dal tragico al comico, coprendo tutta la vasta gamma dei toni intermedi. Poi perché la struttura narrativa è inerentemente anti-cinematografica. Se ricordo bene, quasi tutti i capitoli sono narrati in prima persona, ogni volta da un diverso personaggio, a volte leggiamo come la stessa scena venga interpretata da diversi punti di vista, spesso ci troviamo di fronte a dialoghi interiori che a volte potrebbero essere resi con il voice-over, tecnica che, si sa bene, va usata con estrema cautela, se non si vuole tediare lo spettatore. Senza dimenticare che il finale del romanzo, tradotto in immagini, potrebbe portare alla rivolta in un cinema.

La soluzione di Jack Thorne (sceneggiatura) e Pascal Chaumeil (regia) è stata quella di appiattire per quanto possibile la narrazione, tagliare senza remore al fine di stare nei canonici cento minuti, rielaborare alcune scene per dar loro un appeal visivo, e aggiungere un finale posticcio ma palatabile per lo spettatore medio. Il risultato per me è buono, anche se inferiore alla carta.

Martin (Pierce Brosnan), anchor televisivo di successo, ha lasciato che l'ebbrezza della notorietà lo travolgesse. Un incontro sbagliato l'ha portato per un breve periodo in prigione, e gli ha fatto perdere lavoro, famiglia, rispetto per se stesso.

Maureen (Toni Collette) è una madre single con un figlio disabile. La sua vita si è trasformata in una routine di cui ha finito per non vedere più un senso.

Jess (Imogen Poots) è la figlia di un politico (Sam Neill), ricca, viziata, trascurata dai genitori, non riesce a legare con nessuno. Forse è diventata così insopportabile dopo che sua sorella è sparita nel nulla.

JJ (Aaron Paul) è un rocchettaro americano rimasto in UK dopo che il tour della sua band s'è bruscamente interrotto per il disfacimento della band stessa. Trasformatosi in aiuto pizzaiolo s'è convinto che il problema della sua vita è lui.

E' l'ultimo dell'anno, una delle date calde per i suicidi, e i quattro si trovano a tentare di fare il salto finale da un palazzotto londinese che è, come in effetti capita in realtà, misteriosamente diventato meta di elezione per chi sia in quello stato d'animo. Se si è a New York, ad esempio, è tradizione buttarsi dal Brooklyn Bridge (almeno secondo A proposito di Davis dei Coen). Il fatto di trovarsi in quattro in un momento in cui si vorrebbe essere da soli finisce per far perdere loro la spinta attuativa, finiranno invece per costituire una incongrua associazione di mutuo soccorso.

Il punto forte del trasposizione cinematografica è il casting. Perfetti i quattro protagonista nell'interpretare i personaggi immaginati da Hornby. Quattro caratteri così diversi, il vanesio Martin, la dimessa Maureen, la spavalda Jess, l'assente JJ, che si scoprono di avere qualcosa in comune, e riescono a far nascere un'amicizia, che era proprio quello che stavano cercando.

6 commenti:

  1. Non è proprio il mio genere caro Blabla, ma non deve essere male..secondo me è da vedere!
    Baci serali !

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Non saprei dire bene che genere sia. Ma se non si vuole seguire la storia di gente depressa sull'orlo del suicidio, seppure il tutto sia trattato con gran leggerezza, forse conviene perderselo ;-)

      Elimina
  2. Sembra un film degli anni 90 per come è sceneggiato. E' piacevole.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Con le dovute attenzioni, per me si tratta di un buon film. Non mi viene in mente un parallelo con altre sceneggiature, ci penso un po'.

      Elimina
  3. So che a molti non è piaciuto. A me sì.
    La trama è poco convincente, ma gli attori lavorano molto bene.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Credo che il punto di Hornby fosse quello di trattare, con la maggior leggerezza possibile, un tema molto spinoso seguendo diverse prospettive. Bisogna effettivamente fare esercizio di sospensione dell'incredulita per accettare che il caso abbia guidato i protagonisti nello stesso posto allo stesso momento e che poi, nonostante le differenze, siano riusciti a far comunella. Ma, soprattutto nel libro, ho accettato il passaggio spinoso senza grossi problemi.

      Elimina