Come nella trilogia "storica" di Star Wars, anche quella "moderna" ha la caratteristica di avere i due episodi finali legati tra loro al punto da renderne consigliata la visione a distanza ravvicinata.
L'episodio 2, infatti, racconta l'inizio della guerra di secessione all'interno della galassia che terminerà nell'episodio successivo. L'attacco dei cloni (Attack of the Clones - in originale) di cui si parla avviene, per l'appunto, giusto al termine del film, lasciando lo spettatore in sospeso sui risultati. Anche perché i cloni sono poi quelli che ai tempi di Luke Skywalker saranno i soldati imperiali - quegli incapaci che vengono sterminati a dozzine da chiunque brandisca una qualche sorta di arma.
Il ruolo di Anakin Skywalker viene preso qui da Hayden Christensen, di una decina di anni più vecchio dell'Anakin del primo episodio, il che rende non inverosimile la storia di amore con Padmé (Natalie Portman) già regina e ora, per esigenze di sceneggiatura, passata al ruolo di senatrice.
Neanche questo Anakin mi convince. Sembra più adatto a interpretare il figlio di papà che l'adolescente sovrastato da una triste infanzia ed enormi poteri che non riesce a gestire in modo corretto. Le scene d'amore, poi, sono di una noia mortale.
Oltre al buon Ewan McGregor che continua ad intepretare un Obi-Wan che cresce in spessore e Samuel L.Jackson, nel cast troviamo anche Christopher Lee, che fa sempre il suo effetto.
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