Leggo su Repubblica che l'autore di "A Silvio", canzone più nota come "Meno male che Silvio c'è", ha fatto causa ai produttori di tre film perché lo avrebbero utilizzato in maniera impropria, e chiede, oltre ai danni morali, che vengano distrutti tutti i master e gli esemplari dei film suddetti.
Si tratta di Draquila, di Sabina Guzzanti; Videocracy, di Erik Gandini; e di "The Berlusconi Show", un documentario prodotto e trasmesso dalla BBC.
L'autore avrebbe detto che vuole "chiedere i danni morali perché queste persone hanno sputtanato Berlusconi", e che avrebbe ricevuto l'appoggio morale del corrente presidente del consiglio italiano.
In seguito a questa stupefacente notizia, e dubbioso che la BBC possa aver trasmesso un documentario non corretto, ho deciso di vedere "The Berlusconi Show". Purtroppo non è possibile vederlo sul sito della BBC, ma è disponibile su canali paralleli, tipo youtube.
Sul sito della BBC leggo che il reporter che ha curato la realizzazione del film (59 minuti di durata) è Mark Franchetti. Regia e produzione sono di Nick Read.
Mark Franchetti è un giornalista del londinese Sunday Times basato a Mosca. Ha ricevuto il British Press Award nel 2003 e il Foreign Press Association Award nel 2004. In genere tratta notizie dall'area russa o comunque ex-sovietica.
Per questo lavoro ha probabilmente contato la sua origine italiana. La struttura del documentario riflette la sua conoscenza del Paese e la committenza. In pratica si cerca di dare una spiegazione plausibile del perdurare del fenomeno Berlusconi agli inglesi, che ben poco sanno dell'Italia.
Mi è parso un buon lavoro. Molto spazio è stato dato ai supporter di entrambi i punti di vista. Manca un'intervista al soggetto, e il reporter se ne duole, dato che gli è stata rifiutata. Ci può far vedere solo la reazione, tra lo stupito e lo sconvolto, della scorta quando chiede di poter porre una domanda al volo al presidente del consiglio. La considerazione finale del reporter è che, giornalisticamente parlando, Berlusconi è una manna, dato che scatena reazioni polarizzate e produce una gran messe di fatti su cui parlare.
L'autore della canzone ha probabilmente agito senza aver visto la pellicola, dato che la si mostra esattamente nel contesto da lui preferito, ovvero al termine di un comizio del soggetto a cui è dedicata, e subito dopo si presenta l'intervista ad alcuni giovani sostenitori dello stesso, che affermano di conoscere la canzone a memoria, e di cantarla pure sotto la doccia.
Dal mio punto di vista, il film ha la debolezza principale di non dar conto di molti fatti che pure hanno un notevole peso nel chiarire la personalità del soggetto studiato. Ma questo si può spiegare agevolmente con la mancanza di tempo (impossibile raccontare tutto in una sola ora) e di background culturale dell'audience attesa.
Difficile infatti che uno spettatore inglese possa capire dove sia il problema se si fosse sollevato il punto dell'affiliazione del protagonista alla loggia P2, dato che in Gran Bretagna la massoneria non presenta i problemi che ha avuto in Italia. Non si è nemmeno accennato ai conflitti di interesse, al problema della struttura del partito, e altri problemi più specificamente politici.
Tra gli intervistati, i contributi più significativi mi sono sembrati quelli di Alessio Vinci, conduttore di Matrix, che ha sottolineato la solitudine del personaggio, circondato da persone che vogliono da lui solo favori, e di un anziano anonimo supporter che ha raccontato con semplicità i motivi del suo schieramento.
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