Difficile sostenere che si tratti di un capolavoro, ma è comunque un buon film. Gran parte del peso è posto sulle spalle di Robin Williams che, pur essendo al tempo relativamente ancora giovane, regge bene al compito; cosa che è stata confermata dall'unica nomination strappata per il Golden Globe al ruolo di protagonista in una commedia (premio vinto in quell'occasione da Dudley Moore per Micki e Maude - della serie non è che le giurie dei premi siano poi sempre molto affidabili).
Come si capisce dal titolo, in originale "Moscow on the Hudson", si tratta della storia di un moscovita - interpretato da Robin Williams - che defeziona dall'Unione Sovietica per affrontare la vita newyorkese. Ci sono alti e bassi, la nostalgia per la famiglia, gli amici, la vita precedente abbandonata, i nuovi incontri, nuovi amici, nuove occasioni. Capitano una serie di disavventure, ma il lieto fine arriva a concludere la storia.
Nonostante che Robin Williams non sia esattamente russo a me, che russo non sono, è risultato credibile nel suo ruolo. Da notare che anche il principale ruolo femminile, Maria Conchita Alonso (nata a Cuba, cresciuta in Venezuela) interpreti un personaggio che nell'originale dice di essere abruzzese, anche lei in modo tutto sommato accettabile.
La regia e la sceneggiatura sono di Paul Mazursky.
Qui il trailer, in inglese:
La storia inizia su un autobus newyorkese, dove un tale, probabilmente francese, chiede a Williams delle indicazioni. Lui gliele dà, e poi parte un lungo flash back sugli ultimi suoi giorni a Mosca. Scopriamo così che suonava il sassofono in un circo, e abbiamo uno spaccato sulla vita sovietica di quei tempi. Si può capire quanto la rappresentazione sia stata percepita come realistica (lunghe code per comprare carta igienica o scarpe) considerando il fatto che il film, ai tempi, era nella lista di quelli che non potevano essere visti in Unione Sovietica.
Il suo circo va in tournée a New York, e il KGB gli chiede di tenere sott'occhio il clown, suo amico, in quanto cova, nemmeno troppo nascostamente, il desiderio di defezionare. Giunto il momento di prendere una decisione, il clown non riesce "a spiccare il volo" e si appresta a riprendere l'autobus che li porterà all'aeroporto. Inaspettatamente Williams decide che sarà lui a lasciare tutto per rifarsi lì una nuova vita.
Il film merita di essere visto in originale, dato che un punto importante del film è come New York sia un gran rimescolamento di gente proveniente da tutto il mondo, e le parlate dei vari personaggi aiutano a rendere la confusione relativa.
Una parte molto interessante è quella dove ci viene mostrata la naturalizzazione del personaggio interpretato dalla Alonso, sia per la gioia che si vede nei neo-americani per l'obiettivo che hanno raggiunto, sia per quello che può sembrare un incomprensibile atteggiamento della neo-americana che scarica il sassofonista russo, in quanto non gli sembra più adeguato per il suo nuovo status. Ora sono americana, questo è il succo del ragionamento, non posso certo mischiarmi con un immigrato.
Per fortuna fa parte del lieto fine il fatto che la Alonso superi il bizzarro sentimento di superiorità che le ha dato la cittadinanza americana e torni da Williams.
E' un film vecchiotto ma ancora valido sotto molti aspetti. I cambiamenti principali dei quali ottiene tener conto è che URSS non esiste più, e quindi un russo difficilmente può far richiesta per asilo politico; e inoltre dopo l'undici settembre non è così facile, nemmeno per un italiana, ottenere la sponsorizzazione ad un visto per vivere negli USA. Nel film la Alonso sfrutta uno zio che lavora nelle pompe funebri, oggi credo che questo sarebbe impossibile.
Non è stato un successo eclatante, ma comunque negli USA il film ha ottenuto un non disprezzabile 42° posto nell'anno d'uscita. La fonte è il solito mojo.
Si potrebbe fare un parallelo tra questa pellicola e The Terminal di Spielberg che narra, a suo modo, una storia che ha qualche cosa in comune con questa. Francamente tra i due film io farei risultare vincitore questo.
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